lunedì 30 luglio 2012

Quando una torta al limone non è solo una torta

Il cibo è pieno di sentimenti, dissi, spingendo via il mio piatto.
Sentimenti?, domandò papà. Per un attimo mi scrutò attentamente, fisso.
Non sono riuscita a mangiare il mio sandwich, dissi con voce tremante. Non riesco a mangiare la torta.
Ah, una cosa così, disse papà, riappongiandosi allo schienale. Certo. Anch'io sono stato uno difficile con il mangiare. Una volta ho passato un anno intero mangiando solo patatine fritte.
Avevano il sapore delle persone?, domandai. 


Aimee Bender è una di quelle scrittrici che credo abbondino in America. Perlomeno ho già avuto la fortuna di conoscerne diverse. Scrittrici di gran talento, capaci di raccontare la vita quotidiana con l'incanto di unha fiaba, brave ad azzeccare la frase giusta per illuminare un gesto, uno sguardo, un silenzio.

Leggi Aimee Bender e credi di capire perché scrivere sia così importante, perché leggere faccia bene alle nostre giornate. E tutto sommato riesci perfino a persuadertene, benché in tanta bravura ci sia anche qualche cosa che suona come una moneta falsa. Non che tutto debba essere vero - e perché poi lo dovrebbe essere in una scrittura che cerca di mescolare alla realtà la spezia di un'insolita magia?

E' che di tanto in tanto la bravura sembra un po' fine a se stessa, come dire, una sorta di virtuosismo.

E' la sensazione che ho provato leggendo L'inconfondibile tristezza della torta al limone (Minimum Fax). Come se a una cena superlativa mancasse l'ultimo tocco, quello che ti attendevi per gridare al capolavoro.

Finisci la cena e non sai se prevale il rimpianto o la soddisfazione per ciò di cui comunque hai goduto. Però una cosa è sicura, comunque la prendiate non rimarrete indifferenti a Rosie, la bambina che può sentire le emozioni di chi ha preparato ciò che sta mangiando.

E mi sa che finirete anche voi come me, la prossima volta che vi metterete a tavola. A soppesare un piatto di spaghetti o anche una mozzarella, senza che vi importi, ovvio, degli ingredienti riportati sulle confezioni, ma delle emozioni sì, delle emozioni nel cibo, come no. 

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