martedì 29 novembre 2011

John Fante: mio padre era uno di loro

Era una ghenga di strambi, irascibili, duri individui da previdenza sociale: gente ringhiosa, frontale, vecchi bastardi maligni e aspri, che però se la spassavano col loro spirito crudele e i modi profani del loro cameratismo. Non filosofi, non vecchi oracoli che si pronunciavano dalle profondità della loro esperienza della vita; ma soltanto vecchi che ammazzavno il tempo, in attesa che l'orologio si scaricasse. Mio padre era uno di loro

Tenero dissacrante irresistibile John Fante...

E che grande libro che è La confraternita dell'uva, canto del cigno di uno scrittore che forse non ho coltivato come avrei dovuto, convinto, chissà perchè, di trovarmi di fronte a una delle innumerevoli voci della letteratura americana, una delle tante, confusa tra le tante.

E invece come si stacca da tutto quanto ho letto negli ultimi tempi, questa elegia del padre, impastata di malinconia di affetto di risentimento di rabbia di umorismo... e quante cose che ci sono in questo libro che scolpiscono un ritratto indimenticabile di un uomo irascibile violento alcolizzato ignorante dissipatore quasi sempre insopportabile, un uomo che è un padre padrone. Che porta su di sè tutte le ferite e le miserie di un italiano emigrato nell'America che non era il grande sogno per tutti.

E tuttavia un uomo che con le sue mani di lavoratore ha fatto meraviglie, lui che ha costruito una mezza città a forza di sudore e sputi e bestemmie. E in fondo un artista.

Un amico unico per la sua confraternita di beoni e giocatori. E sì, un uomo unico, anche lui come tutti indispensabile. 

Da leggere, assolutamente.

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