giovedì 7 luglio 2011

Perché sono sparite le vacche di Nuova Delhi

Sono tre miliardi e mezzo. Sono più giovani di noi, lavorano più di noi, studiano più di noi. Hanno più risparmi e più capitali di noi da investire. Hanno schiere di premi Nobel della scienza. Guadagnano stipendi con uno zero in meno dei nostri. Sono Cina, India e dintorni. Cindia non indica solo l'aggregato delle due nazioni più popolose del pianeta... 

Sapete, l'immagine che più mi ha colpito tra le tante evocate da Federico Rampini nel suo L'impero di Cindia? Non quella straordinaria Silicon Valley indiana che è Bangalore. Non la cappa di smog su Pechino. Ma le vacche di Nuova Delhi. O meglio, le vacche che sono sparite da Nuova Delhi.

Figuratevi che pensavo che girassero indisturbate perché sacre. Invece erano semplicemente vacche abbandonate dai loro proprietari perché ormai improduttive. Sono sparite non perché le hanno fatte fuori - sempre sacre saranno - ma perché hanno trovato il modo di restituirle ai loro proprietari. Ci sono riuscite assegnando a ognuna di esse un microchip in grado di identificarle e di "riportarle a casa". Un po' come le vetture immatricolate.

Insomma, la vecchia India e le nuove tecnologie. Un mondo che arriva da lontano ma che cambia in un modo che nemmeno abbiamo idea. Perché poi, rimanendo in India, l'immagine è ancora quella di Calcutta come la Città della gioia di Madre Teresa. Solo per dire.

Meno male che ci sono libri come questi, che ci liberano da ciò che ancora ci viene naturale pensare. Per  indicarci il futuro: quello in cui il dragone e l'elefante si apprestano a riconquistare il posto che appartenne a loro per millenni.

Il loro futuro, il nostro futuro. Cominciare a capirlo è già qualcosa.

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