giovedì 4 maggio 2017

Il piacere della gentilezza, arte dei camminatori

Ciò di cui vorrei parlare è la gentilezza universale, vale a dire non la regola da applicarsi in un determinato posto e in una certa circostanza, ma l'intelligenza delle regole. 

Gentilezza universale, che bella espressione. Come per dire che non è che possiamo permetterci di essere gentili solo a casa propria, oppure di essere gentili solo con i nostri vicini e non ncon coloro che arrivano da lontano. E' qualità che ci riguarda sempre, la gentilezza. E' qualità che non va mai presa sottogamba, quasi fosse solo una questione di forma. A parte che anche la forma è importante, quali possono essere le conseguenze di un saluto non dato, di un rimgraziamento fatto mancare?

Ecco, di tutto questo parla Bertrand Buffon, ne Il piacere della gentilezza, ultima scoperta che ho fatto tra le ormai numerose uscite di quella splendida collana che è la Piccola filosofia di viaggio di Ediciclo. Intrigante fin dal titolo che incrocia il piacere con la gentilezza - e non  era scontato - in queste pagine si ritrova il senso di ciò che deve rappresentare davvero la buona educazione.

E già che ne parli io mi suona strano, dopo una vita trascorsa a sbuffare su tante regole che, a mio parere, avrebbero duvuto far la stessa fine del Galateo del Monsignor Della Casa - roba da cortigiani, roba da gente snob.

Ma ovviamente c'è anche un'educazione del cuore. Ovviamente ci sono parole che è bene coltivare - poco importa se quasi sempre sono pronunciate per abitudine, come in una stanca liturgia.

Il senso della gentilezza va ricercato nella relazione che si stabilisce - spiega Buffon - Il suo scopo è di attirare gli uni verso gli altri e, in un certo senso, di farli incontrare.

Cosa evidente per chi, come me, cerca spesso di partire per qualche cammino. In città quasi sempre ci si incrocia per strada e nemmeno si solleva lo sguardo. Ma in un sentiero di montagna c'è sempre il modo di scambiarci un saluto: e in quel modo diventiamo comunità, anche con chi dopo pochi secondi ci sparirà per sempre alla vista. La gentilezza - dice ancora l'autore - è un'arte collettiva.

Un'arte - aggiungo io - che va particolarmente coltivata da chi viaggia. A volte basta una parola. Magari un arrivederci o un grazie in una lingua che non è la nostra.


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