mercoledì 24 febbraio 2016

L'altro poeta che scriveva come Pessoa


Mi volevate sposato, quotidiano e tassabile?
Mi volevate il contrario di questo, il contrario di qualcosa?
Se fossi un altro vi asseconderei.
Così come sono, abbiate pazienza!

Firmato Fernando Pessoa, anzi, per la verità Alvaro de Campos. O forse meglio dire al contrario: firmato Alvaro de Campos, al secolo Fernando Pessoa. 

Si sa, c'è da ubriacarsi nel gioco delle identità, delle maschere, degli specchi, quando ci troviamo al cospetto dell'immenso poeta portoghese. Non era lui che diceva di essere una moltitudine, di sentirsi tutti i molti io che era stato? 

 Mica solo un'affermazione filosofica o un modo di dire, magari per darsi un tono: ma verità tenacemente praticata, attraverso i molti eteronimi adoperati. Molto più di semplici pseudonimi per questa o quella poesia. Perché ciascuno di questi eteronimi diventa personaggio credibile, autentico, con una sua vita, una sua storia.

Prendete per esempio Alvaro de Campos, di cui Adelphi raccoglie in questo volume le sue poesie. Uno legge i suoi versi e scopre un Pessoa alternativo e possibile. Perfino con un passato. Poeta futurista, imbevuto di avanguardia europea benché appartenga a quella Lisbona che è periferia del continente. Dandy tediato dalla vita, fumatore d'oppio, fisico e animo segnato da vaghezze e mollezze. Irriverente, sovversivo, solitario. Fuma una sigaretta dietro l'altra e ironizza sulla vita. Indugia spesso sui moli per accompagnare con lo sguardo le navi che partono.

E scrive cose così:

Ho viaggiato per più terre di quelle che ho toccato…

Firmato con orgoglio: Alvaro de Campos, ingegnere. L'altro Pessoa. Uno dei Pessoa. Vero come Pessoa.

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