martedì 23 settembre 2014

A Madrid, le domande di un uomo di passaggio

Mi sforzai di immaginare le mie poesie, ogni altra poesia, come macchine capaci di far accadere le cose.

In bilico tra due continenti e due paesi come la Spagna e gli Stati Uniti. Ma anche tra talento e vita ordinaria, tra poesia e assenza di parola, tra giorni da bohémien e prospettive di ritorno a casa e all'ordine famigliare. Ci sono molti modi per vivere una vita in bilico, per essere o sentirsi un uomo di passaggio. Quasi sempre assai di più di quanti siano i porti a cui attraccare, le destinazioni che si fanno scegliere.

E in fondo è questo di cui parla Un uomo di passaggio di Ben Lerner (Neri Pozza), libro sorprendente, ricco di umori e di sfumature, in parte senz'altro autobiografico (l'autore, poeta, ha vinto una borsa di studio a Madrid, come il protagonista del libro), denso di ironia, di malinconia, di domande.

Domande sul senso della poesia, sul significato e la possibilità del talento, sulla sostanza delle parole in un mondo, quello della cultura, in cui ci si può tenere anche a galla, ma vai a sapere a quale prezzo.

Quanta vanità, quanta arte ci può stare in una vita? Il protagonista di risposte ne ha poche, non è persona che sappia dare una vera direzione ai suoi passi, o che sappia almeno intenderli, lui che ritiene di possedere una profonda esperienza dell'assenza di profondità.

Poi, nella vita quotidiana, ci sarà l'irruzione di ciò che è ancora più grande, devastante, incomprensibile. Siamo nel 2004, a Madrid: gli attentati che fanno strage alla stazione di Atocha. E forse a non sapere scegliere, sarà altro a scegliere per noi. 

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