mercoledì 23 luglio 2014

Uno scrittore di noir per il libro che racconta i reduci

Sapeva che ci riprende da tutto, ma da quando aveva vinto la guerra, aveva l'impressione di perderla ogni giorno un po' di più.

Crepuscolare, visionario, spiazzante. Ci vogliono aggettivi in abbondanza per un libro come Ci rivediamo lassù (Mondadori) di Pierre Lemaitre, libro non sulla Grande Guerra, ma su cio che rimane, se rimane, dopo la guerra. Libro che parte dalle trincee per inoltrarsi nella terra di nessuno popolata da chi è sopravvissuto, libro che racconta le macerie della società e delle esistenze quando non ci sono più colpi da sparare, solo storie di vita a cui dare un senso.

Le illusioni dell'armistizio e l'ipocrisia di chi pensa di cavarsela innalzando qualche monumento a chi non c'è più. Lo sbandamento dei reduci e i valori della convivenza civile che non è che riprendono il loro posto appena i cannoni tacciono, fosse così facile. E molto, molto di più.

E' una lettura assai poco convenzionale, ma perfetta, in questo centenario della Grande Guerra. Fosse solo per riflettere che non c'è fine alla fine.

Però anche con un motivo in più. Perché questo non è l'opera che ti aspetteresti da Pierre Lemaitre, scrittore indubbiamente conosciuto soprattutto per i suoi noir. Eppure proprio per questo: perché malgrado i temi che affronta, malgrado le domande della storia e della morale, Ci rivediamo lassù sa essere appassionato come un grande noir.

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