giovedì 19 settembre 2013

L'uomo che si arrese al suo maggiordomo

Fledge, vedete, era obbligato a odiarmi: dubito che, altrimenti, sarebbe riuscito ad andare fino in fondo. Ed è per questo che adesso mi volta la sedia a rotelle verso il muro: odiarmi è diventata un abitudine.

Hugo Coal non è mai stato una persona facile. Tutt'altro. E' uno di quei tipi a cui viene facile augurare qualche malanno, magari una paralisi che gli secchi la lingua che troppo spesso adopera per improperi e ordini secchi. Quale crudele legge del contrappasso, però, che proprio questo succeda. Hugo Coal, signorotto di campagna e paleontologo dilettante (le ossa dei dinosauri lo hanno sempre di gran lunga più interessato e motivato dei suoi simili), è stato inchiodato da una paralisi. Ridotto a uno stato vegetativo - così almeno ritengono tutti coloro che lo circondano - e bloccato su una sedia a rotelle che viene facile girare verso un muro, come per un vecchio soprammobile di cui faremmo volentieri a meno.

Se è finito così, Hugo Coal, è perché una mente diabolica ha fatto in modo che così finisse. E come è quasi d'obbligo in tanta letteratura inglese, ecco sbucare fuori il maggiordomo, Fledge, personaggio equivoco, sfuggente, inquietante.

Voleva vendicarsi del suo padrone e che lo abbia pianificato o meno il risultato è stato eccellente. Il padrone ora sono due occhi muti, che lo inseguono mentre prende possesso della casa e della moglie.

A mezza strada tra la letteratura gotica e la black comedy, in un'ambientazione vecchia Inghilterra, di Grottesco di Patrick McGrath (Adelphi) rimarrà soprattutto il terrificante senso di impotenza: quest'uomo che ha perso tutto, a partire dalla capacità di comunicare, quest'uomo imprigionato in un corpo inerte e costretto a ripercorrere in continuazione le tappe della sua rovina.  

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