lunedì 10 giugno 2013

Il viaggio di Concita nel paese della rabbia

Poco a poco, come le pietre di una collana, tutte queste storie diventavano un rosario: non di una preghiera, però. Di una maledizione. Diventavano tutti i colori della rabbia: la geografia esatta del disamore per chi ti ha promesso e poi negato, per chi ti ha illuso, per chi sa solo chiederti e mai dare.

Spiega Concita De Gregorio nel prologo che la sua intenzione era scrive un libro sul lavoro e sull'assenza di lavoro - almeno di lavoro degno di questo nome - e sulle relative frustrazioni e disillusioni. Così, da brava giornalista qual è, ha cominciato a raccogliere storie, a dare voce a chi solitamente voce non ha.

Solo che su questa strada il libro è diventato un'altra cosa. O forse è lei stessa che dalle storie è stata sospinta altrove. Come se si fosse incamminata a ritroso, verso le radici della rabbia.

Ne è venuto fuori un affresco, un canto corale della rabbia dei nostri tempi, della rabbia che è marea crescente, della rabbia che ha perso la presa non solo sul presente ma anche sul futuro e non sa più a che santo votarsi, della rabbia che diventa ancora più rabbia perché pare che non ci sia nessuno che le presti davvero ascolto, tranne servirsene di tanto in tanto.

Rabbia che è invettiva, fin dal titolo, fortissimo, di questo libro: Io vi maledico. Rabbia che, chissà, potrebbe diventare anche altro, come nella bella poesia - non solo per bambini - di Bruno Tognolini.

La rabbia giusta, quella che ha ragione, si chiama indignazione.

In attesa, ci incamminiamo con Concita De Gregorio, in questo viaggio doloroso e inquieto per il nostro paese. 

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