mercoledì 17 aprile 2013

Il libro che quella notte salvò Primo Levi

Era l'11 gennaio 1945, nel lager di Auschwitz. Una notte di gelo, con l'Armata rossa che si stava avvicinando e i nazisti che avevano appena annunciato il trasferimento di tutti i reclusi per il giorno dopo, presumibile anticamera della morte.

Primo Levi, proprio lui, era ricoverato in infermeria. Sapeva bene che il giorno dopo per lui avrebbe potuto essere l'ultimo. E se non il giorno dopo forse il giorno dopo ancora. Un medico passò davanti alla sua cuccetta. Cn un gesto che forse non era nemmeno di pietà gli gettò un libro: "Tieni, leggi, italiano".

Cosa successe dopo, lo ha recentemente raccontato sulle pagine di Repubblica il poeta Valerio Magrelli, uomo che conosce a fondo il valore delle parole e il dono che esse possano rappresentare:

Cominciano così dieci giorni che Levi trascorre sprofondato in quel libro, il primo dopo tanto tempo, leggendolo e rileggendolo, finché avviene il miracolo: i tedeschi non c'erano più.

Primo Levi ne parla in Se questo è un uomo. Non mi ricordavo di questa pagina, lo confesso, però è una storia che mi commuove. E che mi convince, ancora una volta, che i libri possono essere perfino salvezza.

Per curiosità: il libro in questione era La tempesta di Roger Vercel (in queste settimane ripubblicato dall'editore Nutrimenti): pagine in cui si parla di un capitano di rimorchiatore che, insieme ai suoi uomini, salva all'ultimo momento coloro che stanno per essere sommersi.

I sommersi, come I sommersi e i salvati di Primo Levi. Come quel libro che, all'ultimo, forse è stata la spinta per la sua salvezza. 



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