venerdì 4 gennaio 2013

Murgia e la donna che la Chiesa inventò

Dovevo fare i conti con Maria, anche se questo non è un libro sulla Madonna. E' un libro su di me, su mia madre, sulle mie amiche e le loro figlie, sulla mia panettiera, la mia maestra e la mia postina. Su tutte le donne che conosco e riconosco.
Libro ambizioso, Ave Mary di Michela Murgia, libro non facile da leggere per i suoi molteplici riferimenti e piani di lettura, libro presumo ancora meno facile da scrivere, per una donna che non rivendica verità, ma che piuttosto cerca se stessa, in un cammino che dovrà riportarla alle radici piuttosto che allontanarla da esse.

Non lasciatevi sviare dal sottotilo: E la Chiesa inventò la donna. Questo non intende essere un pamphlet, tanto meno un regolamento di conti. E se non manca il dolore, e talvolta qualcosa di simile all'indignazione, il tono è sommesso, il ragionare garbato e disponibile. Forte più di domande che di risposte.

Laddove Cristo ancora oggi muore simbolicamente mille volte al giorno su tutti i muri delle nostre scuole, nell'intimità delle nostre case di credenti, dietro i banchi dei tribunali e sui petti siliconati delle soubrette, la morte di Maria è stata cancellata e sottratta alla rappresentazione, cristallizzando per tutte le donne un modello divinizzato a cui nessuna può accostarsi con qualche speranza di identificazione.

Ed è su questa operazione di rimozione che si interroga Michela Murgia, credente senza verità di comodo, per un libro buono per tutti e tutte, un libro che ci aiuta a capire di più sulla nostra civiltà e sulle storie di cui siamo figli e figlie.

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