giovedì 13 dicembre 2012

La commedia dei filosofi e il coraggio di Camus


- Ah signore! Esistono ancora costumi parigini che riescono a stupirmi parecchio.
- L'avete detto, signore. E' una città singolare: amano talmente i bei pensieri che non riescono a frenarsi e ne parlano tutto il giorno, cisa che non lascia più il tempo di leggere. Vanno talmente matti per il patriottismo che appena c'è l'occasione diventano patrioti di due o tre paesi. Si sbranano in nome della pace e promettono la galera in nome della libertà.
- Ma da dove arriva tutto questo, vi prego?

E allora, per prima cosa, meno male che esistono ancora le piccole e piccolissime case editrici, quelle che fanno fatica ad arrivare a fine mese e se per questo ad arrivare anche in libreria, meno male che ci sono ancora in tempi in cui sempre di più il pesce grande divora il pesce piccolo e cresce l'onda di quanti ritengono che degli editori si può fare a meno, tanto ci si può pubblicare da soli, tanto c'è la Rete che ci pensa.

Poi ti capita tra le mani un libriccino di poche pagine, La commedia dei filosofi, un inedito per l'Italia nientemeno che di Albert Camus. Un testo per il teatro che l'autore de Lo straniero scrisse, con evidenti intenzioni polemiche, nel immediato dopoguerra. Ripescato, tradotto, riproposto da una piccola casa editrice di Pistoia, Via del Vento.

Poche pagine per rituffarsi nel clima della Parigi dove gli esistenzialisti erano sulla cresta dell'onda e si faceva a gara per entrare nei caffé frequentati da Jean Paul Sartre. Filosofia e impegno politico, come no. Ma Albert Camus aveva già staccato i suoi ormeggi ed era pronto a fustigare quel mondo, dove non mancano pedanteria e astrusità e col pensiero si volava troppo alto, tanto alto che si finiva per perdere di vista la vita autentica delle persone.

Ci voleva coraggio, allora, per scrivere un testo così, più dalle parti di Molière che di maestri del pensiero tanto in voga. Ci vuole coraggio oggi, per riproporlo. 



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