domenica 6 maggio 2012

Non ci siamo accorti nemmeno dell'apocalisse

Allora, semplicemente, ci siamo voltati indietro e abbiamo scoperto che ci trovavamo già a valle del punto di rottura. La catastrofe era stata a lungo un evento che andava compiendosi, ma noi non avevamo avuto occhi per vederla né orecchie per udirla: era stata una catastrofe al rallentatore. E così, in calce a tutto il resto, dovemmo scoprire che perfino l'apocalisse aveva fatto ben poco rumore.

Venezia, anno 2092, futuro non prossimo, ma nemmeno troppo distante, soprattutto se il metro di misura non è quello di una singola esistenza umana.

Venezia apparentemente è ancora Venezia, eppure è qualcosa di profondamente, gelidamente diversa: spazzata via e ricostruita, è diventata una sorta di parco divertimenti, una Disneyland per turismo ricco e senza pretese culturali, dove il passato può essere un gioco o uno spettacolo.

E quale passato, poi: non ci sono più gondolieri, a Venezia, perché se quello che conta è ciò che più attrae e fa cassa, i gondolieri non vanno più bene. Piuttosto i gladiatori, i guerrieri che combattono in un'arena, per la propria salvezza e per il divertimento del pubblico. Cosa di meglio, in un mondo in cui il sangue versato prima ancora che abitudine è da tempo diventato spettacolo?

Eppure con La seconda mezzanotte (Bompiani) Antonio Scurati  non racconta una tragedia nel suo accadere, non ci porta dentro l'ennesima apocalisse, lasciandoci magari la speranza di un happy end prima che.

Questo è un romanzo sul dopo. Sul mondo che ci aspetta dopo che il disastro si è già consumato. Dopo il tramonto della nostra civiltà.

Solo che tra parchi giochi e violenza a uso e consumo di spettatori e teledipendenti, il mondo dopo il nostro mondo non pare così lontano.

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