giovedì 26 aprile 2012

Isherwood e l'inspiegabile bellezza di un libro

Capita anche questo, che dobbiate inchinarvi alla bellezza di un libro che pure non è riuscito a catturarvi. Tranne poi interrogarvi sulle ragioni di tutto questo e tradire qualche piccolo senso di colpa nel momento stesso in cui riponete via proprio quel libro.

E dunque, non so se ho letto Un uomo solo con lo spirito giusto. Non so se sono stato distratto e frettoloso, se mi sono fatto condizionare da altri libri di Cristopher Isherwood che portandomi magari dalle parti di Berlino (Addio a Berlino) mi hanno lasciato senza molti punti di riferimento questa volta, benché la costa della California letterariamente l'ho frequentata come la Versilia, come no.

Non so se semplicemente è stato un libro arrivato nel momento sbagliato.

In ogni caso di esso mi rimane poco, se non il senso di una straordinaria capacità di scrittura, peraltro molto inglese. Oppure lo sguardo attento, davvero cinematografico, se non anatomico, di Isherwood.

Però che strepitosa esplosione di bellezza nelle ultime pagine di un libro che sta tutto nella giornata di un anziano professore omosessuale, bellezza che gioca con la morte, che si mescola con la morte per diventare ancora più bella.

Non mi aveva preso, quel libro. Eppure me lo porterò a lungo con me.

E a proposito, chissà cosa mi sarebbe successo, se negli scorsi mesi Un uomo solo lo avessi visto anche al cinema, con il film diretto da Tom Ford... Esperimento mancato.

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