lunedì 2 aprile 2012

Con Amerigo la scoperta è una parola

Non si tratta di un funerale di un ricco o di un nobile. Un funzionario qualunque del re è condotto all'ultima dimora, un certo Despuchy o Vespuche. Nella città straniera nessuno sospetta che si tratti dello stesso uomo che ha dato il nome alla quarta parte del mondo....

Così racconta Stefan Zweig, che alla storia dell'uomo che ha dato il  nome alla quarta parte del mondo dedicò il suo ultimo libro (Amerigo, ora ristampato da Elliot). E la storia - storia incredibile di equivoci, sorprese, riconoscimenti tardivi - sta tutta in quel nome.

Il nome dell'uomo che la gente non sapeva nemmeno come si chiamava, il giorno in cui fu seppellito in un cimitero di Siviglia. Il nome che dall'uomo si è trasferito a un intero continente, l'America, assegnando così una sorta di immortalità al mercante fiorentino che aveva viaggiato per conto del re del Portogallo.

Di Amerigo Vespucci parleremo molto in occasione dei 500 anni della sua morte e già sono usciti alcuni bei libri, come Il fiorentino che inventò l'America del giornalista Mauro Bonciani.

E più che di Vespucci forse avremo modo di parlare di questa parola, del suo incredibile viaggio attraverso il tempo e lo spazio per conquistare il suo posto nella geografia del pianeta.

Perché Amerigo Vespucci e non Cristoforo Colombo? Perché quest'ultimo aveva parlato di Indie raggiunte  buscando el levante por el ponente.

Amerigo invece aveva inviato una lettera a Lorenzo dei Medici, in cui aveva parlato di Mundus Novus, nuovo mondo.

E questa è forse la storia di ogni scoperta. Non è solo approdare per la prima volta in una terra. E' dare un nome a quella terra.

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