mercoledì 23 novembre 2011

Murakami e gli interruttori nel pannello della coscienza

Che la sua grandezza si imperni davvero sulla capacità di passare disinvoltamente dal lato A al lato B della vita e ritorno?

Haruki Murakami è un grande, un grandissimo. Non mi ha mai entusiasmato, perché si sa, i libri sono anche una questione di gusto, di piacere a pelle, a volte le stesse ragioni della grandezza sono le ragioni anche del mancato coinvolgimento intellettuale ed emotivo. Però libri come L'uccello che girava le viti del mondo mi continuano a risuonare dentro come strane armonie cui il mio orecchio non è abituato, come musica troppo elevata o di un'altra civiltà.

Enigmatica, la scrittura di Murakami. Dalle sue pagine lievita un inspiegabile fascino, che forse mi aiuta a decifrare Dario Olivero, in un'intervista di qualche tempo fa allo scrittore giapponese.

Afferma Dario Olivero:

I personaggi passano attraverso porte che separano mondi (ancora  A  e non A) e da quel momento le loro azioni hanno conseguenze sia nell'una che nell'altra

E vuole dire, penso, che Murakami sa aprire la porta dei tanti mondi paralleli che fanno parte della vita, intendo della vita di tutti noi. Perché ha ragione, Murakami:

Credo che uno dei compiti più importanti di uno scrittore sia attivare quel territorio dello spirito che nella vita quotidiana non viene usato. Per farlo è necessario spostare in posizione On alcuni interruttori che si trovano sul pannello della coscienza. Se si riesce, quei territori di solito addormentati lentamente si risvegliano. I romanzi - cioé i buoni romanzi - hanno questo potere


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