martedì 25 ottobre 2011

Seneca e l'uomo che si rovista dentro

Avrà anche ragione chi va dicendo che gli antichi romani non hanno avuto grandi filosofi, che la filosofia dei latini è stata tutta presa in prestito dai greci, però mi sa che bisogna intenderci proprio sulla parola filosofia.

Sarà pure vero, se si pensa alla filosofia come pensiero sistematico, chiave per decifrare i significati ultimi della vita e del mondo, ragionamento sulle idee. Però penso che la filosofia siasoprattutto quella sapienza, meglio ancora, quella saggezza, che deve funzionare come una bussola nella vita di tutti i giorni. E allora, allora leggete pagine come quelle raccolte in La serenità (Mondadori).

Leggete il grande Seneca, che con le sue parole sbuca dagli anni di Nerone e pure sembra scrivere oggi.

Leggete cosa risponde all'amico Sereno - un nome che è quasi un programma - che in realtà è più turbato che sofferente ("non sono propriamente malato, ma non sto nemmeno bene"), in preda a qualcosa di molto simile allo spleen di Charles Baudelaire. Si rivolgono all'uomo contemporaneo, le parole di Seneca. All'uomo che rovista dentro se stesso e non si piace.

Ci invita, Seneca, a decidere cosa conta davvero, a fare un passo indietro se necessario, a conquistare una libertà che pianta le sue radici dentro di noi.

Poi anche lui, con la sua vita, ci riuscì e non ci riuscì: come succede anche a noi, che ogni momento ci ripromettiamo qualcosa che difficilmente saremo in grado di mantenere, solo che ci proviamo di nuovo.

Seneca come noi, lo stesso tempo, le stesse domande.

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