martedì 14 dicembre 2010

Quella storia di eroi delle piccole cose

L'altro giorno con Javier Cercas, scrittore spagnolo dei nostri tempi, si parlava di "eroi del tradimento" a proposito del suo ultimo libro, Anatomia di un istante. Oggi, con un autore che appartiene al cuore straziato del nostro Novecento, mi viene di parlare di "eroi delle piccole cose". Per dire che ci sono vite di smisurato coraggio, senza il bisogno di esibire il petto nudo di fronte ai cannoni.

L'autore si chiama Hans Fallada - anche se in realtà si tratta di uno pseudonimo tratto da una fiaba dei fratelli Grimm, scelta, tra l'altro, piuttosto incongrua, considerata la vita di questo scrittore tedesco trascorsa tra prigioni, manicomi, cliniche per disintossicarsi. E' un autore piuttosto dimenticato, ed è un peccato, perché ha scritto alcuni libri piuttosto belli, che incrociano storie di vita particolari con la storia tragica della Repubblica di Weimar e poi della Germania nazista.

Tra tutti mi piace Ognuno muore solo, libro dove traduce in forma di romanzo l'inchiesta con cui la Gestapo individuò e arrestò due coniugi berlinesi che a nessuno verrebbe mai da qualificare come eroi della resistenza. Non lo erano, niente affatto. Anna e Otto Quangel erano solo due persone comuni, miti e anche piuttosto rassegnate. Di età avanzata. Vita di lavoro, vita discreta, appartata. Solo che quando il loro unico figlio morì in guerra qualcosa scattò in loro. E il loro modo di dire no fu cominicare a impostare una serie di cartoline scritte a mano.

Non era una gran cosa e finì male. Per i due poveretti non ci fu scampo e nemmeno pietà. Furono decapitati.

Qualcuno potrebbe chiedersi: servì a qualcosa?

Vorrei rispondere: comunqe era l'unica cosa che potevano fare. E servì, come no, non fosse altro perché poi arrivasse un altro uomo, Hans Fallada, a raccontare tutto questo in una manciata di giorni tra fine della guerra e la sua stessa morte.

Servì per regalare a tutti noi una storia di coraggio. Di coraggio e di speranza.

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