mercoledì 22 dicembre 2010

Che fine, per gli "happy few" di Shakespeare...

We few, we happy few, we band of brothers.... Noi pochi, noi felici pochi, noi banda di fratelli....

Ecco qui il mito che si fa parola e diventa a sua volta alimento per dare sostanza al mito. Un rigo, nemmeno, ma un rigo di William Shakespeare, mica scherzi, un rigo dal grande monologo del suo Enrico V, tanto di cappello... Un rigo ed è quanto basta per far sventolare alta ancora oggi l'Union Jack, orgoglio e amor patrio che si tengono stretti stretti l'evento che si perde nei secoli.

Qualcosa come quasi 500 anni sono passati, eppure come dimenticarsi di quella battaglia unica tra le tante della Guerra dei Cent'Anni? Di quel manipolo di soldati inglesi, stanchi, stremati, decimati, che ad Agincourt affrontò e sconfisse i francesi, contro ogni logica dei numeri.... Gli happy few.... La banda dei fratelli contro un intero esercito....

E oggi gli storici  (per di più inglesi), dopo aver esaminato montagne di documenti, quel mito lo hanno proprio maltrattato: gli inglesi non erano così pochi né disastrati, erano un discreto numero di veterani ben addestrati e ben equipaggiati...

Mannaggia.... e le parole di Shakespeare?

Meno male che la letteratura, soprattutto la grande letteratura, a volte può anche riscrivere la storia, ma sempre o quasi sempre ne può anche prescindere.

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