martedì 19 ottobre 2010

Van Gogh e la morte per andare su una stella

Che la creatività sia una dote che si ha a prescindere dalla forma in cui si esprime - se cioè il buon pittore possa essere anche un buon scrittore e viceversa - e se tutto questo dipende più dallo sguardo o dalla tecnica, dal mondo interiore o dalla "scuola", è una bella questione, su cui mi è difficile pronunciarmi. Però che bellezza in queste parole di Vincent Van Gogh, tratta da una delle lettere al fratello Theo

Dichiaro di non saperne assolutamente nulla, ma la vista delle stelle mi fa sempre sognare, come pure mi fanno pensare i punti neri che rappresentano sulle carte geografiche città e villaggi. Perché, mi dico, i punti luminosi del firmamento ci dovrebbero essere meno accessibili dei punti neri della carta di Francia?

Se prendiamo il treno per andare a Tarascona o a Rouen, possiamo prendere la morte per andare su una stella... Comunque non mi sembra impossibile che colera, calcoli renali, tisi o cancro possano costituire dei mezzi di locomozione celeste, così come i battelli, gli omnibus e il treno sono mezzi di locomozione terrestri.

Morire tranquillamente di vecchiaia sarebbe come viaggiare a piedi


E leggendo righe così percepisco meglio il senso della bellezza in Van Gogh, intendo le pennellate di luce e perfino la leggerezza che nemmeno i peggiori tormenti riescono a soffocare. Un'idea che, quando potrò, mi porterò dietro a Roma, per la mostra del grande fiammingo.

ps: mi sono imbattuto in quetsa citazione leggendo Ararat di Frank Westerman, un libro di cui vi parlerò.

2 commenti:

  1. beh, Van Gogh è, non è stato, semplicemente un grande...

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  2. Quanto hai ragione... anche nell'uso del presente...

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