sabato 11 settembre 2010

Ma voi sapete cos'è un classico?

Quante volte c'è capitato di sentirlo e anche di dirlo: è un classico.  Come dire, su questo autore, su questa opera non si discute. E' un classico: e tanto basti.

Così perentoria, questa affermazione, da impedire qualsiasi ragionamento anche a monte: ma insomma, cosa si intende per classico?

Ecco, io non ho mai ben capito cosa sia un classico, anche se so che ci sono libri che per forza lo sono, che non riesco a non considerare tali, basta la parola per evocarli. Zola, Tolstoi, Dickens, Verga... I promessi sposi, ma anche Delitto e castigo...

Magari chi studia queste cose sa dare risposte fondate. Personalmente mi verrebbe da escludere che la definizione di classico abbia a che vedere automaticamente con la qualità e piuttosto la collegherei alla sua “durata”, alla sua capacità di parlare alle persone al di là delle epoche e delle circostanze. Cosa che tra l'altro aiuta a coltivare qualche legittima perplessità sull'etichetta di classico assegnata disinvoltamente a opere di ieri e dell'altro ieri.

Però non so, davvero.

Mi sa che un tempo era anche più facile capire quali libri potevano essere annoverati tra i classici (e che io abbia qualche idea a proposito dice qualcosa anche sulla mia anagrafe). Anche questo oggi è più complicato, sicuramente più complesso.

Per dire: possibile che i classici siano tutti francesi, o russi, o tedeschi, italiani naturalmente, sporadicamente inglesi o spagnoli?

La geografia della letteratura e quella della storia che vanno a braccetto, come quegli atlanti che ti mostrano due volte lo stesso pezzo di pianeta, il primo con i rilievi montuosi, il secondo con i colori che staccano uno Stato dall'altro.

Ma possibile che non mi venga in mente un classico che viene dalla Cina o dalla Turchia, e nemmeno dai paesi nordici? Possibile che ci debba perlomeno pensare? 

3 commenti:

  1. Sono affetta da "orticaria tremens" ogni volta che penso alle ristrettezze culturali di quel mondo accademico e non che pretende di imporre e non ha la benchè minima intenzione di mettersi in discussione.
    Prendiamo un Tolkien.
    Ci sono sterminati km di letteratura che si potrebbe considerare "classica", in tutto il mondo, che non entrerà mai in un'antologia (fino a quando uno non si impegnerà a costituire questa sorta di sovversiva opera), perchè non sono "conformi alla regola dotta dei dotti" .... "incartapecoriti sullo scranno del potere".
    Non li sopporto.
    E penso anche che non amino la letteratura e non siano per niente illuminati.
    Solo radicati in una idea e morti li.

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  2. un classico che viene dalla cina o dalla turchia non può venire in mente perchè, semplicemente, non esiste. Intendo dire che non esiste per noi, noi italiani, perchè purtroppo ma inevitabilmente la nozione di classico è legata ad un canone letterario determinato da fattori che spesso con la letteratura non hanno nulla a che fare: contingenza geografica, eventi storici, rapporti politici... Per questo ognuno di noi, accanto a questo canone "ufficiale", dovrebbe crearsene uno proprio, il più vasto, vario e sovranazionale possibile.

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  3. Cara L.Z., cara Occhi di Notte, avete perfettamente ragione, dire classico significa spesso e volentieri tenersi dentro i confini sicuri, accertati, scontati. I più comodi. Quanta voglia di andare oltre. Di rimettere in discussione quei confini, ovvero di rimettere in discussione anche noi stessi. Per dirla nel modo più smeplice: se non si va, non si vede...

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