domenica 19 settembre 2010

Il lento passo dopo l'altro di David Mitchell

Ammetto di non avere letto niente di David Mitchell, autore di culto paragonato a mostri sacri quali Tolstoi, Nabokov e Joyce (eccessi a cui peraltro si sottrae il diretto interessato, persona che si dice particolarmente modesta). Però da un po' di tempo a questa parte gli scrittori – la loro vita, la loro storia – mi interessano quasi più delle loro stesse opere. La stessa pulsione, ritengo, che mi sta spingendo verso i libri che parlano di libri.

E dunque mi è piaciuto l'articolo che Wyatt Mason ha dedicato a David Mitchell e soprattutto al modo con cui David Mitchell “un lento passo segreto dopo l'altro” è diventato scrittore.

Pensare che non ci avreste scommesso su di lui, su questo ragazzo che con la parola ha incontrato diverse difficoltà (inizia a parlare a 5 anni per scoprirsi balbuziente).

A un certo punto della sua adolescenza David Mitchell comincia a vivere dentro se stesso. Divora libri con una inquietante propensione ai temi più apocalittici e paranoici, ma all'università capisce che i libri sono una cosa, la vita un'altra:

Anche quando mi concentravo sui libri, non avevo nessuna voglia di passare il mio tempo leggendo del Mississippi di Mark Twain. Volevo passare il tempo "lungo" il Mississippi di Mark Twain

Ricorda il suo docente di lettere:

Aveva la tendenza a fuggire dalle realtà esattamente al momento sbagliato... Nella mia utopia, c'è uno spazio speciale per un sognatore del suo calibro

Che è un bel dire.

Un giorno sceglie di vivere in Giappone, si mette a scrivere sul serio, sforna un romanzo che si infrange su un muro di rifiuti. Solo un editor, Mike Shaw, gli presta attenzione:

Non avevo mai visto niente di tanto estremo... Bruttissimo per certi versi, ma estremamente promettente per altri

Lo convince a buttarlo via – due anni di lavoro – e a ricominciare. Miracoli dell'umiltà.

Oggi David Mitchell è David Mitchell. Un autore che può dire a Wyatt Mason:

Non sopporto di vivere in questo immenso, bellissimo mondo, senza tentare di riprodurlo e imitarlo meglio che posso

1 commento:

La Terapia del bar: Massimiliano Scudeletti racconta il circo che si fece bar

  Ho dodici anni e passo spesso dietro il bancone , posso prendere qualsiasi cosa tranne gli alcolici naturalmente, ma mi piace guardare il ...