sabato 10 ottobre 2009

A Gaeta il cecchino e la bambina

More about Il cecchino e la bambinaQuando viaggiare è addentraci negli orrori e i dolori del mondo, dietro a un lavoro che ogni giorno ti chiede di liofilizzare in titoli e notizie tutto quanto investe la vita e la morte di innumerevoli persone, in una routine a rischio di cinismo. Quando quello stesso lavoro diventa rigore, responsabilità, testimonianza di umanità.

Tutto questo c'è dentro il libro di Franco Di Mare, Il cecchino e la bambina, che in questi giorni, tra l'altro, ha vinto il premio Città di Gaeta per la letteratura di viaggio e di avventura (per inciso, ero in giuria e ho partecipato alla premiazione: ascoltare Franco di Mare è stata una gran bella cosa, direi uno scatto di orgoglio in un periodo in cui la professione del giornalista è tanto bistrattata).

In questo libro Franco di Mare, inviato di guerra, racconta se stesso, racconta soprattutto le storie che gli si sono sgranate sotto gli occhi. Senza esibizionismo, senza la tentazione di offrire effetti speciali o chiavi di lettura.

Ricordi in successione, dall’assedio di Sarajevo fino al genocidio del Ruanda. Le pagine volano trascinandoci da una latitudine all’altra delle tragedie del nostro pianeta. A volte Franco Di Mare ci lascia un po’ così, quasi ci socchiudesse la porta e poi ci lasciasse fuori. Ma in realtà ogni capitolo è segnato dall’intensità di un giornalista che non si avvicina al suo lavoro con la freddezza del chirurgo.

E poi il suo è un modo diverso di raccontare rispetto ad altri inviati, un modo a cui siamo meno abituati: Franco Di Mare viene dalla televisione, da un lavoro che ti chiede di sintetizzare in un minuto e mezzo gli eventi di una giornata, da un lavoro che pretende di raccontare assai di più con un fotogramma che con mille parole. Ogni sua pagina è un'inquadratura: che arriva al cuore, che scuote, che passa ma non tu lascia come prima.

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